"Creati una famiglia e ama tua moglie come si merita. Nutrila, vestila e rallegra il suo cuore. Essa é un buon campo per il suo signore."
Così si legge nelle “Esortazioni di Pthahotep”.
E ancora:
“Prendi moglie allorché sei giovane affinché essa possa darti un figlio. Dovresti averlo da giovane, onde poter vivere sino a vederlo uomo.”
Crearsi una famiglia era un traguardo assai importante nell’antica cultura egizia: possedere una casa, prendere moglie, allevare figli.
L’egiziano antico era un uomo essenzialmente monogamo, nonostante l’istituto del concubinato. Una sola, infatti, era la Nebet Per, ossia la “Signora della Casa”, così come appare anche nelle statue che raffigurano la coppia dove la donna è ritratta sempre in dimensioni uguali a quelle dell’uomo.
Naturalmente il concubinato esisteva, ma era praticato soprattutto nelle classi sociali più elevate ed è comprovato da attestati matrimoniali delle varie spose. Anche qui, però, nel gineceo, una sola era la Nebet Ipet ossia, la “Signora dell’harem”.
Era soprattutto il Faraone che, per rinsaldare alleanze politiche ricorreva a numerosi matrimoni attraverso i quali vedeva accrescere il numero di figli e la possibilità di consolidare il potere. Ognuno di quei figli, infatti, veniva educato per ricoprire cariche pubbliche religiose o amministrative, mentre le figlie venivano fatte sposare a nobili di corte o ad alleati stranieri.
Generalmente i matrimoni avvenivano all’interno della stessa comunità ed nella stessa classe sociale; riconosciuti e consentiti erano anche i matrimoni tra cugini, ma non quelli tra fratelli a cui, per motivi dinastici, ricorrevano solamente i membri della Casa Reale.
Ai giovani veniva lasciata una certa autonomia nella scelta della sposa, anche se non mancava una guida familiare, inoltre veniva concesso alle coppie di frequentarsi per un certo periodo prima del matrimonio allo scopo di conoscersi meglio.
Non essendo riconosciuto alcun carattere sacro o istituzionale alla volontà di due persone di unirsi e formare una famiglia, una vera e propria cerimonia non esisteva, però le famiglie dei due fidanzati si riunivano per festeggiare l’evento con canti, danze ed un banchetto. Per l’occasione indossavano tutti, amici e parenti, ma soprattutto le donne, abiti sfarzosi e gioielli sfavillanti ed insieme festeggiavano l’unione dei due fidanzati che sancivano con una promessa d’amore e di fedeltà la loro intenzione di formare una nuova famiglia.
“Io ti prendo come sposa.” recitava lui
“Io ti prendo come sposo” recitava lei.
In epoca come quella babilonese, ebraica, egizia, la prosperità e il rispetto di una famiglia si riconosceva soprattutto nel numero dei figli.
“Felice colui che ha molta gente attorno a sé: egli è rispettato a causa dei suoi figli”
Si legge nelle Istruzioni di Pthahotep.
Una numerosa figliolanza, dunque, era l’aspirazione di ogni coppia; la ricchezza e il prestigio era commisurato al numero dei componenti della famiglia.
Com’era la posizione della donna in seno alla famiglia egizia? Era assolutamente privilegiata. A lei era affidata la conduzione della casa ed a lei era demandata l’educazione dei figli per i primi sei anni di vita. In modo esclusivo e senza interferenza da parte del marito.
Un marito, però, sempre presente e premuroso.
Quando, però, amore, premure ed attenzioni venivano a mancare e l’uomo desiderava convolare a nuove nozze, la tradizione voleva che alla donna ripudiata fosse riconosciuto un congruo risarcimento. Le cause di divorzio erano soprattutto l’adulterio e la sterilità, ma anche il desiderio di una nuova famiglia.
La donna ripudiata era libera di risposarsi.
Anche la donna vedova poteva liberamente risposarsi; in caso decidesse di non farlo e di restare nella casa del defunto marito, ne diventava il capo famiglia e si sottraeva alla tutela della famiglia del marito deceduto; dei beni del marito ereditava un terzo mentre il restante veniva diviso tra i figli. In sostanza, al contrario di altre culture, la vedova egizia era rispettava e protetta.
Molte le esortazioni dei Saggi che suggerivano il comportamento da tenere nei confronti delle vedove.
“Non ti avventare su una vedova quando la trovi sola nei campi.”
e ancora
“Non negare il tuo orcio d’olio ad una vedova, ma raddoppialo di fronte ai tuoi fratelli:”
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