martedì 24 febbraio 2015

L'AMATA - poesia egizia


L’AMATA




L’amata è per me meglio delle medicine.
E’ per me meglio del formulario magico
La sua venuta è il mio amuleto:
quando la vedo ritorno in salute.
Mi sdraierò in casa
e fingerò di essere malato.
Verranno i miei vicini a visitarmi
E verrà la mia amata con loro.
Essa renderà inutile il medico
Perché essa conosce il mio male.
Quando l’abbraccio
e sono aperte le sue braccia,
sono come uno che fosse nel paese del Punt
come uno asperso di olio odoroso.
Quando la bacio
e le sue labbra sono aperte
sono ebbro
anche senza birra.


di ignoto - epoca  XVIII Dinastia

lunedì 23 febbraio 2015

L'UNICA - Poesia d'Amore -


L’UNICA




L’unica, l’Amata, la senza pari,
la più bella di tutte, ecco guardatela:
è come la stella fulgente
all’inizio di una bella annata.
Lei che splende di pelle,
con gli occhi belli quando guardano,
con le labbra dolci quando  parlano.
Lei che ha lungo il collo
il petto luminoso
con i capelli di vero lapislazzuli
le cui braccia superano lo  splendore dell’oro
le cui dita sono come boccioli di loto
Lei che ha grosse le reni
strette le anche
le cui gambe proclamano la sua bellezza

con il suo sguardo mi prende il cuore.

(Poesia di ignoto  risalente forse alla XVIII Dinastia)  

domenica 22 febbraio 2015

LA DONNA EGIZIA..... ALLO SPECCHIO



Gli Antichi Egizi possedevano uno spiccato senso del bello e dell’estetica e il più bel messaggio che abbiano potuto inviarci lo hanno affidato a due celeberrimi ritratti di una Regina molto amata soprattutto dai posteri: Nefertiti!  Donna dalla leggendaria bellezza e dalla grazia delicata e sensuale.


                 
Nell’Antico Egitto uomini e donne apprezzavano molto balsami ed unguenti e prestavano particolare attenzione alla cura del corpo, ai profumi, all’acconciatura ed all’abbigliamento, ivi compreso i gioielli.
E ciò non soltanto per quell’innato senso estetico che li accompagnò fin dall’inizio della loro storia e non soltanto per ragioni igieniche, ma anche per un motivo squisitamente trascendentale. Era loro ferma convinzione che la temporanea vita terrena  fosse solo un preludio ad una vita eterna ed era ambizione  di tutti viverla nel modo più felice possibile e con un corpo giovanile e ben curato.
Splendide e meravigliose scene ritraggono  seducenti figure di donne con in mano specchietti dalla squisita e fantasiosa fattura.




Ankh era il nome  dello specchio,  stesso termine che usavano per indicare la Vita.
E non a caso!
Lo specchio non era un semplice oggetto a cui chiedere il consenso per la riuscita del trucco; lo specchio era il magico riflesso di atti e gesti quotidiani: truccata, pettinata, profumata ed abbigliata, la donna (ma anche l’uomo) poteva affrontare la sua giornata.
In metallo, argento oppure bronzo, finemente lucidato,  lo specchio aveva quasi sempre forma rotonda od ovale con preziose decorazioni e finissime incisioni  sul retro e sul manico.

Un certo stile di vita e pressanti  necessità igieniche favorirono l’uso di abluzioni; anche più volte al giorno. Alle abluzioni seguivano i massaggi con unguenti e creme.
Nel creare unguenti, deodoranti, profumi, ecc… gli antichi egizi erano veri maestri:  ricette di cui i  sacerdoti dei Templi di Thot o Ammon o delle sacerdotesse di Iside o Hathor erano particolarmente gelosi.
Dai famosi papiri Ebers sappiamo che dalla mirra e dai semi di dattero e incenso estraevano olii aromatici; che da grassi animali (ippopotami, coccodrilli, ecc)  e da grassi vegetali  creavano creme per rassodare la pelle, ammorbidirla e renderla levigata, attenuare le rughe, coprire i cattivi odori, ecc…  Lo testimoniano i numerosi porta-unguenti, le ingegnose spatole, i preziosi cucchiai per cosmetici, ecc… rinvenuti nelle tombe, alcuni dei quali sono vere sculture. Piccole  opere d’arte  preziose e fantasiose.



Dopo il massaggio, la vanitosa signora egizia passava al trucco. Truccarsi era una pratica assai diffusa e non solo tra le donne.
Per il trucco degli occhi  usava due sostanze: la verde malachite del Sinai  e successivamente  la nera galena del Mar Rosso, adatta, quest’ultima, anche al trucco di ciglia e sopracciglia. Entrambi i pigmenti venivano utilizzati non solo a scopo estetico, ma anche terapeutico e medicamentoso perché utili a curare la congiuntivite (male assai diffuso),  allontanare insetti, riparare lo sguardo dall’ingiuria del sole.
Oltre agli occhi la donna egizia qualche volte truccava anche bocca (piuttosto raramente, in verità) e guance, mediante l’applicazione di carminio e non mancava mai di curare mani e piedi sui quali  amava stendere una leggerissima polvere   arancio- dorata prima di infilarli  in raffinati sandali di corda intrecciata.

La materia prima di tutti questi prodotti, però, arrivava da terre lontane: Libano, Arabia, ecc..   Erano assai costose e non alla portata di tutte le tasche.   Solo  in età tarda gli Egizi cominciarono a piantare sul patrio suolo  gli alberi da cui estrarre le sostanze. I prezzi divennero più accessibili,  tuttavia, per molti   restavano  ancora proibitivi e  per ovviare,si faceva ricorso a sostanze meno costose, come  la menta e l’origano fatte fermentare nell’olio di ricino o altre sostanze ancora.

Terminato il trucco, la  dama  egizia passava all’acconciatura: una vera arte!  Un’arte nella quale era non meno vanitosa della donna moderna. E forse anche di più.
Molto in voga era la parrucca il cui uso si fa risalire fino ad epoca antica.
Capelli o parrucca?
La donna egizia amava esibire entrambi: un’acconciatura elaborata ed impreziosita da un diadema, ma anche  una parrucca acconciata in treccine ornate  di perline e cosparsa di polvere dorata. Una chioma fluente, però, ben curata, frizionata, morbida e setosa, costituiva sempre un elemento di grande seduzione.
Le più giovani portavano una lunga treccia  ricadente sulle spalle e le bambine esibivano la treccia infantile laterale  che lasciava il resto del capo rasato.
Pettinature e parrucche conobbero una certa evoluzione nel tempo. Inizialmente più corte, andarono sempre più allungando e crescendo di volume oltre che di estrosità… proprio come le parrucche dei nostri giorni.

Truccata e pettinata, la dama egiziana era pronta ad infilarsi nella preziosa veste di lino bianco.
Lino bianco! Era la materia prima nella fabbricazione dei tessuti pregiati. Altre fibre di cui si sono trovate tracce, canapa, cotone, lana, erano poco usate perché poco apprezzate e ritenute impure soprattutto per uso funerario… il suo uso, perciò, era lasciato alla gente di rango inferiore
Lino bianco, dunque, per le lunghe tuniche aderenti sostenute da bretelle oppure provviste di lunghe maniche ampie e plissettate. Profonda  la scollatura.
Lino bianco, ampio, leggerissimo, trasparentissimo ed a pieghe per la sopraveste che si annodava sotto il seno o sul fianco: un raffinato mantello chiamato Calasiris, che poteva essere anche  colorato, ma sempre con frange e pieghe.
Famosi i Calasiris delle pitture parietali della tomba della regina Nefertari.


E non poteva mancare, soprattutto nelle cerimonie e nei banchetti, il cono profumato sopra l’acconciatura. Si trattava di un prodotto grasso e profumato a forma di cono che si poggiava sul capo e che il calore del corpo scioglieva lentamente, rilasciando profumo  sulla persona e sull’abito.


A questo punto alla nobile e ricca signora egizia mancava solo un ultimo, irrinunciabile accessorio: i gioielli.
I gioielli, il cui valore non era legato solamente all’intrinseca preziosità della pietra, ma alla protezione magica e benefica di cui era arricchita in virtù di un suo valore simbolico che l’avvicinava al divino. Ed ecco il rilucente oro, di cui si credeva fossero fatte le membra degli Dei o l’argento di cui si credeva fossero fatte le ossa divine, ma anche la sanguigna corniola di cui si pensava fosse il sangue degli Dei.  Non mancavano il verde feldspato e il celeste turchese di cui si immaginavano gli occhi degli Dei; infine, il lapislazzulo blu, di cui erano fatti i capelli degli Dei.

             

    

Erano questi simbolici accostamenti a dare valore al gioiello: ornamento, ma soprattutto protezione magica.
Per questo anche le mummie ne venivano adornate.
Ma non solo la scelta del materiale era simbolica. anche la forma e la fattura lo erano.  E lo erano i soggetti.
I soggetti: pettorali, bracciali, anelli, fibule, collane, amuleti, ecc… raffiguravano le Divinità e le loro funzione.

Assai più semplici e modeste, invece, le lunghe o corte tuniche delle popolane e delle  ancelle ed assai meno costosi i loro gioielli e meno raffinati i sandali e le parrucche, benché la tentazione di emulazione fosse piuttosto forte… ma questo è un peccato anche dei nostri giorni. 

mercoledì 18 febbraio 2015

LA STELE di ROSETTA





Possiamo dire che la scoperta della stele di Rosetta fu fondamentale nela decifrazione dei geroglifici egizi.

Fu rinvenuta ad El Rashid (Rosetta, per l’appunto), un piccolo villaggio su Nilo a qualche chilometro dal Mediterraneo.
Lo straordinario reperto, una spessa lastra di pietra nera della misura di 174 cm di altezza per 72 cm di larghezza, fu rinvenuta dai francesi, ma cadde presto nelle mani degli inglesi con cui proprio in quel territorio si facevano guerra.
Fu donata da re Giorgio III al British Museum di Londra, dove si trova ancora oggi.
Napoleone, però, grande estimatore della civiltà egizia, comprese immediatamente il valore di quella misteriosa pietra nera, appena gli ufficiali del suo Stato Maggiore gliela mostrarono; fece arrivare due esperti da Parigi ed ordinò alcune copie.

Una di quelle copie si trova oggi al Museo Egizio di Torino e fu studiando quello straordinario reperto che il francese  Francois Champollion, (di cui parleremo in altra sede) ne decifrò il contenuto.
Occorsero trenta anni dal suo rinvenimento, però, prima di riuscire a decifrarne le misteriose scritte, ma il grande studioso ed egittologo francese non riuscì mai a vedere l’originale.





             

Che cosa c’è scritto su quelle pietra? E come riuscì, il geniale ed appassionato egittologo francese a trovare la chiave di decifrazione dopo che per trenta anni insigni studiosi, tra i quali il suo stesso professore, Silvestre Sacy, tentarono invano?

In un ordine di tre registri, ognuno dei quali in una lingua diversa: Geroglifico, Demotico e Greco, sta scritto quanto segue:
“… Tolomeo, Colui che vive in eterno, l’Amato di Ptha, il Dio Epifani, Eucaristicus, il Figlio del re Tolomeo e della regina Arsinoe, Filopatore degli Dei.
Molto bene egli ha fatto ai Templi ed ai loro abitatori ed a tutti i sudditi suoi, poiché è un Dio, Figlio di un Dio e una Dea, come Horo, Figlio di Osiride, che ha protetto suo Padre.”

Si tratta, dunque, di un Decreto dei preti di Memfi, risalente al 196 a.C., in cui si riconosce al faraone Tolomeo V il merito di aver ristrutturato il Tempio di Ptha a Memfi.

1419 sono i Geroglifici, distribuiti in quattordici righe ed incompleti; il testo Demotico, invece, pressoché intatto, è distribuito su 32 righe; le parole in greco, infine, sono 486, distribuite su 56 righe.

Genio e costanza permisero al giovanissimo studioso francese di raggiungere quel risultato inseguito da decine di colleghi più o meno illustri. Fu soprattutto l’intuizione, però, a guidarlo verso il successo ed alla interpretazione di quei segni misteriosi: l’intuizione che i segni dei geroglifici avessero anche un valore fonetico.

In realtà, un altro grande  studioso fu ad un passo dalla soluzione: l’inglese Thomas Young, che già prima di Champollion aveva  intuito la relazione tra la scrittura greco-copta e i geroglifici.
Una sola certezza: si trattava di un unico testo scritto in tre lingue diverse.
All’inizio, decifrarlo sembrò impresa facile.
In realtà, occorsero più di trenta anni e il genio multiforme di Champollion.
Occorsero tanti anni a causa di un errato presupposto. Il testo in greco, infatti, era leggibile e traducibile e, giustamente, si supponeva che le altre due scritture avessero lo stesso contenuto. Siccome, però, si era convinti che la scrittura egizia fosse esclusivamente ideografica, le varie decifrazioni degli altri due testi, risultarono assai fantasiose e, a dir poco, bizzarre.

Poco più di 20 anni, invece, ci vollero all’inglese Young per riuscire a decifrare un nome: quello del faraone Tolomeo.
Era scritto all’interno di un cartiglio inciso su un obelisco di un Tempio sull’isola di File.

Ma fu soltanto dieci anni più tardi e fu servendosi proprio di quella prima decifrazione che Champolliom riuscì a decifrare il cartiglio della regina Cleopatra: i due nomi, Tolomeo e Cleopatra (presenti sia sull’obelisco che sulla stele), contenevano diversi segni in comune.

Partendo da quei segni e confrontandoli al demotico (scrittura assai più fluida e lineare) ed al greco, Champollion riuscì a trovare la corrispondenza tra i diversi gruppi di segni (figurativi, simbolici, fonetici) ed a tradurre finalmente la “Scrittura Sacra”.
La conoscenza della scrittura geroglifica, infatti, s’era persa da quasi due millenni.

la Donna nella Società Egizia






"Raddoppia il pane che dai a tua madre e portala così come essa ti ha portato..."
E' una delle massime moralistiche attraverso cui, nella società egizia, tende a manifestarsi quel vago matriarcato in cui si rispecchia la posizione della donna, paritaria con l'uomo. Proprio  come accade nel campo religioso, dove le  Grandi Divinità Femminili (come Iside, Hathor,  Neith) rivendicano la parità con le  Divinità Maschili.

Nebet Per, ossia Signora della Casa, la donna egizia godeva di una posizione di rispetto e privilegio sconosciuta alle donne appartenenti ad altre culture del suo tempo: basta osservare la donna biblica, romana o medioevale; perfino i Greci si stupivano della sua libertà ed eguaglianza
Rispetto e privilegio e nella propria casa e nella società.
Nonostante  l'istituto della poligamia e del concubinato, l'egiziano era essenzialmente monogamo ed una sola era la Signora della Casa: quella che  compariva sempre al suo fianco, perfino  nelle pitture parietali delle tombe, nelle statue  o stele funerarie.
Il gineceo egizio, l'harem, quel luogo proibito e misterioso, era appannaggio soprattutto del Faraone (per motivi politici) e di ricchi Funzionari, ma anche all'interno di un gineceo reale o privato, una sola era la Signora della Casa. E l'ideale di donna emerge chiaro dagli Inni a lei dedicati e dagli accenti appassionati di molte poesie d'amore i quali testimoniano che i matrimoni non fossero solo semplici unioni fra due persone, ma che alla loro base  vi fosse l'amore.

    "La sua sposa, la sua amata.
     Sovrana di grazia, dolce d'amore.
     Piacevole nei discorsi
     Donna perfetta......"   si legge in un papiro del IV  secolo a.C.

e ancora:

    "L'unica, l'amata, la senza pari
     la più bella di tutte.
     Ecco, guardatela:
     é come le stelle fulgenti..."




La donna egizia é indicata con il termine Senet, che vuol dire Sorella, Amica... ma, nei documenti giuridici é chiamata invece Hemet, che significa Sposa: proprio per la funzione che ella svolge in seno alla famiglia.

La donna-sposa era molto influente nella famiglia, benché il matrimonio non fosse una istituzione legalizzata religiosamente o civilmente, ma solo una libera scelta di coabitazione fatta da due persone... scelta a volte, però, condizionata dalla famiglia.
Si deve aspettare il tardo periodo tolemaico per trovare un contratto matrimoniale (contratto che in realtà indicava soprattutto eventuali disposizioni sulla proprietà e i relativi diritti economici degli sposi in caso di divorzio)
Indicativo il fatto che il diritto di discendenza (anche nelle Case Regnanti... soprattutto nelle Case Regnanti) avvenisse per parte materna. Non era raro, infatti, che un uomo avesse rapporti con altre donne della casa e che avesse altri figli... tutti, però, legittimi.

Nello stato di donna sposata, la donna poteva disporre ed amministrare i beni ricevuti in dote o in eredità, le era accordato il diritto di comparire  come testimone o di intraprendere azioni giuridiche  nei processi. Non avendo tutori, era riconosciuta responsabile delle proprie azioni  esattamente come gli uomini e come questi, se portata in giudizio, sottoposta alle stesse pene.
In caso di vedovanza la donna egizia acquisiva il prestigio di capofamiglia, ereditava un terzo dei beni del marito e poteva risposarsi.
Alla donna ripudiata e rifiutata, invece, spettava sempre un largo compenso. La causa di ripudio era quasi sempre la sterilità, ma si poteva ovviare attraverso l'adozione.

Nella vita pubblica quanto in quella privata, la troviamo spesso impegnata in ruoli di prestigio e responsabilità, nonostante che  le cariche pubbliche fossero in realtà,  ricoperte soprattutto da uomini. Poche, infatti le donne che giunsero a detenere il potere supremo o a collaborare nell'attività politica: la regina Huthsepsut, nel  primo caso, la regina Nefertiti, nel secondo.
In campo religioso ricopriva spesso cariche di “Divina Adoratrice” o “Grande Sacerdotessa” di Divinità importanti come Sekhmet, Iside, Hathor; in campo amministrativo la si poteva trovare perfino a capo di un Dicastero come quello degli “Unguenti e Profumi”.
Nel privato si occupava della conduzione della propria casa, dell’educazione dei figli, dell’amministrazione di beni in proprietà con il marito e di altro ancora. La sua vita era facile e piacevole, vissuta quasi nell’ozio, tessendo o filando, tra feste e banchetti.




Tutto ciò, naturalmente, se si trattava di donne benestanti. Le donne di più umile origine, invece, avevano vita assai meno facile. Tessevano e filavano anch’esse, ma oltre a ciò, si occupavano dei lavori domestici e di quelli dei campi e facevano mille altre cose… come tutte le donne del mondo, prima e dopo di loro. Partecipavano ad ogni tipo di attività lavorativa, ma con preponderanza verso quelle domestiche: erano fornaie, mugnaie, birraie, spigolatrici, filatrici, tessitrici, contadine, nutrici, cantanti, musiciste,ecc...
Non solo lavori domestici, però. Le troviamo impegnate anche in attività amministrative con ruoli di di responsabilità. Incontriamo donne medico-ostetrico per donne e bambini, come Pesechet, della V Dinastia, ma anche donne dedite al commercio del vino e della birra ( attività squisitamente maschile) e sappiamo di donne che svolgevano attività di Giudice, Scriba e perfino Visir (corrispondente al nostro Presidente del Consiglio dei Ministri).

Diversa, però, era l’esistenza all’interno di un Ipet, il gineceo reale.
Qui, le donne vivevano in una condizione di recluse, all’interno di una gabbia dorata, con il solo scopo di arrecar piacere al Sovrano e senza nessuno dei diritti riservati alle donne comuni; scelte in tutto il Regno, quella condizione, però, era un grande onore per se stesse e le loro famiglie.

Le varie statuette rinvenute nelle tombe,  le scene parietali, ecc... ci  mostrano una donna assai bene inserita nella società lavorativa: ci trasmette, cioè, il grado di rapporto paritario raggiunto con l'uomo; assai diverso d quello delle donne appartenenti a civiltà della stessa epoca.

La donna, però, era soprattutto il pilastro della famiglia e la famiglia era il pilastro della società e come tale  la donna egizia era rispettava e protetta.

martedì 17 febbraio 2015

SUPPORTI e DOCUMENTI di SCRITTURA




I supporti principali della Scrittura furono due: la pietra e il papiro.
- La pietra: era abbondante lungo tutto il Nilo. Già ai tempi di Zoser troviamo inscrizioni sulla parete di una cappella: si tratta di figure e geroglifici colorati ed in bassorilievo, che la luce doveva far risaltare.

- Il Papiro: i più antichi sono stati rinvenuti   a Gebelein.




Altri materiali, utilizzati soprattutto a scuola:    
                 ostraka
                 calcare

materiali pregiati nell’uso rituale, ecc..
                 cuoio
                 Legno: piuttosto raro, a causa della sua scarsità                
                Lino (come quello rinvenuto a  Gebelein e risalente a circa 9000 mila anni fa e custodito  al Museo Egizio di Torino.

Intorno al 2000 a.C. comparvero i primi sarcofagi i quali recavano scritte e figure all’interno ed all’esterno.

Seguirono i “Libri dei Morti” in papiro con iscrizioni limitate; abbondavano, invece, le pitture della Dea del Cielo o dell’Aldilà.
Vi sono, sempre al Museo egizio di Torino, due esemplari completamente coperti di iscrizioni..





DOCUMENTI DI SCRITTURA:   LA STELE

E’ uno dei documenti scritti più diffusi dell’Antico Egitto e con uso e funzione assai diversi.  Si trovano:

- Stele Religiose: poste in luoghi sacri come Santuari e Templi; la decorazione presenta persone nell’atto di preghiera o offerta e Riporta Inni Sacri, come quelle poste nel Piramidion (cuspide di piramide), che sormontava le cappelle del Nuovo Regno.

- Stele Regali: contenenti documenti vari legati al Faraone ed alla sua funzione.

- Tavole d’offerta: riportanti anche sui lati, iscrizioni riguardanti offerte.

- Stele Magiche: appartenenti soprattutto al primo millennio a.C. e costituenti, praticamente, degli amuleti. Vi è raffigurato il defunto che reca in mano una stele. La figura dominante è quella di Horo-Bambino in piedi su un coccodrillo e con in mano serpenti e scorpioni. Simboleggia le proprietà terapeutiche del Dio e tutt’intorno vi sono fittissime iscrizioni e formule.

- Stele Commemorative: riportanti eventi importanti come imprese, battaglie,ecc.. Famose, tra le altre, sono quella  di Thutmosis III, che celebra la vittoria della battaglia di Kerkemish e di Kamose che celebra la cacciata degli Hyksos dall’Egitto.

- Stele di confine: celebre è quella del faraone Akhenaton per stabilire i confini della città dI Akhetaton.

Le più numerose, però, sono quelle funerarie.



STELE  FUNERARIE




Appartengono ad epoche diverse e sono dissimili fra loro sia per forma che per contenuto e fanno la loro comparsa già con la I° Dinastia.

Monumento di pietra di modeste dimensioni, su di essa si condensa la decorazione delle pareti di un’intera cappella. Proprio per questa caratteristica è largamente diffusa a partire dall’Antico Regno.

Le Stele dapprima hanno forma rettangolare, ma a partire dalla XII Dinastia sono arrotondate; al di sotto, lo spazio si divide in riquadri o registri, dove si alternano scene di offerte, raffigurazioni dei defunti, preghiere agli Dei. (Osiride, Anubi ed Horo, in particolare).



STELE DELL'ANTICO REGNO





E’ una edicola ricavata nella parete occidentale della cappella, dove si svolgono i riti celebrativi per il defunto, che è quasi sempre un nobile o dignitario di corte.
E’ chiamata convenzionalmente “Falsa Porta” per la sua struttura a forma di porta, con architrave, stipiti, ecc.
E’ un monoblocco di grande dimensione, quadrangolare, ma più spesso rettangolare ed è monocromatico e completamente rivestito di figure ed incisioni distribuite sui registri.
Nella parte superiore è raffigurato il defunto davanti alla mensa e sull’architrave sono riportati il nome ed i titoli del defunto; lungo gli stipiti compaiono le figure dipinte o incise dei membri della famiglia e dei servitori, nelOl’atto di porgere offerte.
Lo scopo è quello di assicurare la sopravvivenza al defunto attraverso un cerimoniale magico-rituale e per questo è necessario pronunciare il nome del defunto e recitare la “formula dell’offerta”. (vedi post: “La complessa religiosità degli antichi egizi)


STELE NEL MEDIO REGNO







Nel Medio Regno la stele funeraria conosce una profonda evoluzione, anche se lo scopo resta sempre lo stesso.
Le stele hanno dimensioni minori rispetto a quelle dell’Antico Regno. Anche la forma muta: sono arcuate, a simboleggiare il firmamento e la via solare che il defunto deve percorrere.
Sono policromatiche e i colori sono assai vivaci, che siano dipinte oppure a rilievo.
I registri sono due o anche più e mostrano varie scene:
- la figura del defunto, che può essere da solo oppure con altre figure minori.
- scena con la “formula dell’offerta”
- scena di preghiera, esortazione o autoglorificazione. Come la stele di Meru, risalente alla XI Dinastia. Di grande importanza poiché riporta la data: 46° anno di regno del faraone Metuhotep II.
Meru è il Tesoriere del Faraone e i colori predominanti della stele sono:
- il rosso (per la pelle degli uomini)
- il giallo (per la pelle delle donne)
- - il verde (per i vegetali)
- - bianco (per gli abiti di lino)
Altro esempio eccellente è quello della Stele di Abkau, della XII Dinastia.
Nel registro superiore c’è una lunga iscrizione   in cui egli dice di aver raggiunto Abidos,     “scala del Dio Augusto". Poiché questa “scala”, nominata in più stele, corrisponde alla cintura muraria del Tempio di Osiride ad Abidos, forse la stele proviene proprio da lì.
Ne registro inferiore è riportata la scena del defunto assieme alla moglie, Mentutepank, (in atteggiamento affettuoso) davanti alla mensa. Compare anche la figura della figlia Neferut, seduta ai suoi piedi, che si appoggia con gesto affettuoso alle sue gambe.
Sotto, infine, c’è il suo “diletto amico”,   Ib, il quale, in veste di chery-webb, sacerdote-lettore, dedica le offerte.

nota: il verde dei geroglifici non è originale: di solito si usava l’azzurro, che era il colore del cielo di Horo.
Altra nota: si tratta di persone di ceto meno elevato di quelle dell’Antico Regno e questo significa che c’è una più larga coscienza e consapevolezza di sé, nel popolo, soprattutto se di ceto medio.
Nell’Antico Regno erano principi e dignitari, qui ci sono anche architetti, tesorieri e “nobildonne”, come si è definita una donna nel registro della sua stele.



LA STELE NEL NUOVO REGNO





Sono le più interessanti e numerose e si assomigliano tutte: arcuate e coloratissime.
Hanno dimensioni ridotte, ma sono molto decorate; in legno dorato, recano iscrizioni votive, propiziatorie e di ringraziamento.
I registri sono diversi e presentano:
- il defunto
- Divinità varie (soprattutto Osiride, Anubi, Horo)
- Testo scritto: con preghiere, ma anche scene del rito della pesatura del cuore o del viaggio del defunto nell’Aldilà.

La principale caratteristica di queste stele sta nel fatto che il defunto non si limita a menzionare i propri titoli (come in epoca Antico Regno), ma vi aggiunge le qualità morali; a questi elementi etici, inoltre, se ne aggiungono altri di carattere religioso: gli Dei, che non compaiono nell’Antico Regno, qui, invece, sono menzionati ed invocati o, addirittura, pronti a ricevere ed accogliere il defunto.
Come nella stele di Nanai, che rende omaggio ad Osiride ed Anubi.
Oppure quella di Kamose, Scriba reale dal 5° al 38° anno di regno del faraone Ramesse II.

Nota: le stele degli operai di Dei-el-Medina, infine, sono tipiche e particolari poiché riportano preghiere rivolte a Meertseger, Dea-Serpente, Protettrice della necropoli; molte di queste stele erano sparse nei luoghi frequentati da serpenti.




LA STELE IN TARDA ETA'






Sono presenti un po’ tutti gli stili; ricompaiono perfino le False-porte.
Policrome e molto arcuate, nei registri si scrive un po’ di tutto: dal viaggio del defunto attraverso la DUAT, l’Aldilà egizio, alle scene di adorazioni agli Dei; dalle iscrizioni riguardanti la vita del defunto a  quelle riguardante la storia degli Dei.
Al Museo egizio di Torino vi è una serie numerosa di queste stele, con le seguenti caratteristiche:
- l’Arco, sotto cui il Sole in forma di Disco Solare occupa la parte più significativa della stele
- scene varie, raffiguranti il viaggio della Barca Solare, del Tribunale di Osiride, adorazione agli Dei, ecc..
- iscrizioni varie, come quelle che seguono:
“… chiunque agisca contro questa stele sarà giudicato da Dio, Signore del Cielo”
oppure:
“… io sono stato molto amato dagli uomini…”

LA SCRITTURA nell' ANTICO EGITTO


La tradizione antica attribuisce l’invenzione della Scrittura a Thot, Dio della Scienza, che si sarebbe servito di “segni” per comunicare agli uomini, attraverso i suoi sacerdoti, le idee di cui era depositario.




La scrittura, sappiamo, è il veicolo trainante di idee. I popoli hanno cominciato a scrivere mediante disegni che miravano ad esprimere i pensieri e molti di essi non hanno superato tale stadio, ma gli Antichi Egizi vi si staccarono presto.
La Scrittura, però, non è nata in Egitto, come spesso si pensa. La parola   "geroglifico"  non é neppure egizia.
Gero-Glifico  o  sacro-segno:  in italiano

hieros – gliphein                   : in greco

neter  - medu                       : in egizio

I primi segni della Scrittura erano ideografici: esprimevano, cioè, un’idea, un concetto, un pensiero. Comparvero per primi in Mesopotamia e precisamente ad Uruk, città sumerica

Immagini (non semplicemente segni) che volevano esprimere qualcosa o, più precisamente,  propiziarsi atti ed eventi, sono comparsi già 15.000 anni a.C.  La Scrittura, invece, compare e muove i primi intorno solo al 3000 a.C. in Mesopotamia prima e successivamente in Egitto.


Qui, in Egitto, la Scrittura   si caratterizza come una serie di disegni che riproducono oggetti.  Quegli stessi disegni, successivamente, prenderanno una forma che indicherà dei concetti o delle idee: prima oggetti, poi concetti o, addirittura, oggetti e concetti insieme.
Tali concetti, però, sono migliaia, perciò la Scrittura è qualcosa di molto complicato e laborioso.
Solo più tardi si passerà a disegni che indicheranno suoni (disegni fonetici) che verranno, in seguito, sintetizzati in sillabe.

Facciamo un esempio:
il disegno di un volto rappresenta il volto stesso e si pronuncia    Her
tale segno è: monosillabico
                    ideografico
                    fonetico

indica il suono della “r”, ma accostato con le vocali, che ancora non ci sono, darà luogo a varie interpretazioni e problemi.
Esempio:
-  Her  vuol dire viso
-  Hor  vuol dire tenda, ma anche recinto
-  Hir  vuol dire sopra, ma anche occhio


Si dovrà arrivare al 1000 a.C. ed aspettare i Fenici per restringere prima le sillabe ad una ventina di segni  e formare cioè, le consonanti ed poi aggiungervi le vocali

In Egitto, però, le figure accostate alle sillabe  continueranno a costituire a lungo un rebus, poiché la Scrittura egizia continuerà ad essere formata da: - segni ideografici
                  - segni fonetici
                  - segni alfabetici

La confusione è creata dal fatto che spesso lo stesso suono ha significato e segno diverso:
Esempio:
con la pronuncia KA  si indicava:
                 - toro (con figura di toro)
                 - spirito (con figura di due braccia alzate)


e ancora: pronunciando RA si indicava:
            -  sole  (con la figura del sole)
            -  bocca (con la figura di una bocca  aperta)


La Scrittura egizia si può, dunque, così sintetizzare:
- Ideografica
- Geroglifica: - Ieratica
                     - Demotica
                     - Copta

e si può così dividere:
- Fonogrammi : segni fonetici (suoni)
                         segni sillabici

- Alfabeto       : solo consonanti






COME SI LEGGONO I GEROGLIFICI

- Scrittura sacra: da destra verso sinistra
- Altri tipi di scrittura: da destra a sinistra
                                  da sinistra a destra
                                  dall’alto in basso

- I determinativi: sono figure che servono a rafforzare il significato della frase e si trovano all’inizio o alla fine di essa.

Esempio:
la figura di un coccodrillo indica aggressività
la figura di un uomo, una donna o di un fanciullo indica che quella frase si riferisce ad un uomo, una donna o un fanciullo…

Posizione del corpo nella Scrittura

- Corpo seduto: indica semplicemente la persona  (uomo, donna, fanciullo…)
- corpo seduto con carico: significa lavorare
- corpo seduto con sedia: indica nobiltà-dignità
- corpo in piedi col braccio alzato: significa  chiamare.
- corpo in piedi con entrambe le braccia alzate:  significa pregare
- corpo in piedi con bastone: indica uomo oppure   azione violenta
- corpo in piedi appoggiato a bastone: indica la  vecchiaia
- corpo capovolto: indica peccatore o cattiveria
- corpo con mani legate dietro la schiena: indica   un nemico

 Posizione delle Mani nella Scrittura
- mani unite e tese: negazione
- mani alzate e unite: energia
- mani a semicerchio: amicizia
- mani a pugno teso: generosità
         

Posizione delle Gambe nella Scrittura

- gamba ben diritta: indica la gamba stessa
- due gambe in movimento: indicano l’azione del camminare
- gamba piegata: significa avere fretta.
- gamba che regge un vaso da cui cade acqua: indica l’atto della purificazione

(continua)

lunedì 16 febbraio 2015

Il Mistero della Scrittura

IL MISTERO DELLA SCRITTURA

Mi ritrovai a consumare il tempo copiando e ricopiando massime moralistiche
che avevano un triplice scopo: farci apprendere l'uso della scrittura, temprare il
nostro carattere e assicurare al Tempio cospicui guadagni dalla loro vendita.
"Raddoppia il pane che dai a tua madre.
Essa ebbe gran carico in te e non ti lasciò ad altri."
"Non parlare contro nessuno, grande e piccolo.
E’ un abominio per il tuo Ka."
Queste ed altre massime, scrivevamo su tavolette di legno e ceramica,
intingendo la penna nell'inchiostro con diligenza. Insegnamenti antichi di Saggi
e Sapienti, seguendo i quali, ogni uomo poteva avvicinarsi un po' di più alla
perfezione ed alla verità divina. Ben presto fummo pronte ad usare fogli di
papiro; legno e ceramica erano serviti per gli esercizi dei primi tempi e
servivano ancora per la brutta.
Benché le sponde del Nilo fossero ricche di questa vegetazione, e anche il
Santuario ne avesse nei suoi stagni, la carta pronta all'uso era un bene prezioso
da non sciupare. Ad utilizzarla erano in pochi; sacerdoti, scribi, allievi di
scuole di grado superiore e, naturalmente, il Faraone e la corte. Per la stessa
ragione, i rotoli erano utilizzati più volte e su entrambe le facciate.
Scrivere su un foglio di papiro non era particolarmente difficile, ma le prime
volte incontrammo tutte qualche difficoltà. Secondo le regole, i Testi Sacri
andavano scritti in verticale e da destra verso sinistra; imbrattare d'inchiostro il
foglio e renderlo inutilizzabile se vi si poggiava la mano invece di tenerla
accortamente sollevata, non era cosa rara. Occorreva aver fatto buona pratica
sulle tavolette di legno se non si voleva rovinare un foglio di papiro.
Nofret non faceva che lamentarsi delle mani sporche d’inchiostro e
manifestava la sua preferenza per fusi e telai, ma non tutte erano così disadatte
a tenere una penna in mano. Shannaz riusciva a scrivere anche quattordici
segni per volta, quando invece alle altre occorreva intingere più volte la penna
nell’inchiostro per tracciare lo stesso numero di segni.
Scrivere era bello. Affidare a un pezzo di pietra, tavola o papiro un messaggio
che vagabondava nella mente, era magico.
La Scrittura! Nuove sensazioni erano maturate pian piano dentro di me con la
scoperta della scrittura. Il suono che diventava figura viva, il grido che usciva
dal silenzio, il mistero che diventava conoscenza, esaltavano il mio spirito. Mi
pareva di averli avuti dentro di me da sempre, quei segni. Nascosti,
inconsapevoli, sopiti. Improvvisamente, li "sentivo" diventare "cosa viva",
come partoriti da un grembo fecondo.
I medu neter, che Thot aveva donato all'uomo per consentirgli di elevarsi, erano come spiritelli che prendevano vita staccandosi dal foglio di papiro e penetrando dentro di me. Un'altra sensazione, giorno dopo giorno, stillando nel cervello quelle massime, si fece strada guizzando dal profondo dello spirito: la consapevolezza dell'essere donna e dell'essere Colei che dà la Vita.
Compresi la saggezza delle mie educatrici che agivano non solo per la completezza del mio spirito, ma anche e soprattutto, per la salvezza della mia vita ultraterrena.
Una sola svista, spiegavano le nostre sebau, un solo errore, nel copiare quelle formule magiche, avrebbe causato danno a chi ne avesse fatto uso: ai defunti, ad esempio, che dovevano servirsene per allontanare insidie e pericoli e per  convincere i Guardiani delle sette Arrit ad aprire loro le porte della Duat.
Ogni anima defunta deve conoscere alla perfezione, una ad una, le parole di quelle formule se non vuol correre il rischio di restare per l'eternità prigioniera in un mondo di tenebre.
Per questo cercavo di curare al massimo la forma di ognuno dei segni; anche
dei più semplici. Né dimenticavo i determinativi posti alla fine della frase, solo
perché quei segni non erano letti. Erano utili invece perché, aiutavano a
chiarire il significato.. Erano importanti soprattutto per le formule e gli
incantesimi riportati dai Testi funerari. E tutti conoscono l’importanza di questi
Testi, necessari ai defunti per arrivare incolumi e ben forniti di magia al
Tribunale di Osiride e dei Quarantadue.
Il Libro della Am-Duat, il Libro delle Porte, il Libro delle Caverne ed altri
ancora, dovevano essere per il defunto come la carta nautica per il marinaio:
esatta e senza errori.
Per questo le nostre educatrici erano assai severe e volevano che i rotoli di
   papiro del Santuario fossero corretti e perfetti. Non come quelli che si
vendevano nelle tante bottegucce di scrittura che spuntavano intorno a Templi
e Santuari come i pivieri nella stagione dell'inondazione, pieni di errori e
sviste.   A redigerli, erano scribi ignoranti e senza timor di Dio; gente
indifferente alla sorte dei poveri defunti che n’avrebbero fatto uso. Privi di
scrupoli e desiderosi solo di guadagni, non li copiavano dai rotoli custoditi
nelle giare o in altri contenitori, ma direttamente da pitture parietali. Svogliati e
distratti, finivano per cambiare la disposizione dei segni o per commettere altri
errori. Qualcuno arrivava perfino a saltare parole e frasi intere.
Era pur vero che quei filatteri erano destinati ai pellegrini più poveri che
affollavano i cortili dei luoghi sacri e costavano poco, ma ero certa che, se
quella gente avesse saputo ciò che stava comprando, si sarebbe mostrata più
accorta.
Tutta colpa dell’ignoranza! Sono fermamente convinta che i mali che
affliggono l’uomo, abbiano radici ben conficcate nell’ignoranza e nella cattiva
volontà.
 (continua)
brano tratto da   "A G A R"
romanzo storico-biblico

il libro é stato tradotto  in lingua inglese
da AMERICA STAR BOOKS

domenica 15 febbraio 2015

UNA SPOSA PER IL FARAONE





C'era sempre un certo subbuglio per l'arrivo di una nuova Sposa del Faraone.
“Perché - chiesi in piena innocenza, affondando i dentini in una frittella ancora
fumante - il Faraone desidera un'altra sposa?"
"Perché un sovrano deve avere molte figlie e molti figli." spiegò Iter
assumendo un'irritante aria di sussiego.
"Non gli bastano i figli e le figlie che ha già"
"Che domande mi fai?” m’interruppe lei sbuffando ed agitando il capo, il che
fece tintinnare gli orecchini d'oro ornati di lapislazzuli, che sparsero una luce
azzurrina sulla sua carnagione bruna ed olivastra.
“Vieni.- riprese - Andiamo a vedere da dove arriva questo frastuono. Sarà
certamente il corteo della principessa Subad."
Si accostò alla ringhiera della terrazza e si sporse in avanti per guardare di
sotto. La imitai subito e intanto continuavo a chiedermi con infantile
ostinazione perché mai a un Faraone servissero tanti figli e tante figlie?"

Mi chiedevo anche come facesse il vecchio Pentaur, il Direttore degli
appartamenti del gineceo reale, a sistemare tutte le ragazze e le principesse,
egiziane e straniere, che continuavano a giungere qua. Sentivo continuamente
ripetere quale grande onore, fosse per qualunque ragazza essere scelta per
entrare a far parte del gineceo del Faraone, ma mi chiedevo come si potesse
offrire loro una degna sistemazione. Forse se lo chiedeva anche Pentaur, e
perfino lo stesso Faraone, dal momento che ogni tanto qualcuna lasciava quella
prigione dorata per andare sposa a quel valoroso soldato o questo fedele
funzionario.



La principessa Subad comparve tra le colonne che reggevano il giardino
pensile e scomparve subito dopo, seguita dal corteo nuziale. Ricomparve poco
dopo tra le palme della terrazza.
Tra i molti doni per il Faraone, la principessa ittita aveva portato anche
centocinquanta bellissime fanciulle che avrebbero arricchito di grazia l'harem
reale e recato gioia al Signore di Tebe. Erano così graziose, assicurò il
funzionario di corte Pentaur, che sicuramente il Faraone avrebbe
commemorato il gioioso l’evento.
Due occhi spauriti, un viso trasudante stanchezza, l'espressione oppressa da
sguardi critici e curiosi, Subad non aveva davvero nulla di regale, nonostante lo
sguardo altezzoso e la fronte altera.
L'accompagnava la regina Meritre, che per l'occasione aveva indossato la veste
da sacerdotessa dell’Ipet, la Signora del gineceo, aderente e lunga fino alle
caviglie; ai piedi portava sandali dorati. Sicura di sé, lo sguardo rapace sotto la
parrucca ad ali d’avvoltoio, l'acconciatura delle regine, la Grande Sposa Reale
ostentava il suo ruolo e la sua potenza nel gineceo e sulle altre Spose Reali.
Sorrideva alla giovanissima rivale, con cordialità e quasi tenerezza. Senza più
l'inquietudine che traspariva dal suo volto, tutte le volte che, nei giorni scorsi,
si pronunciava il nome della nuova sposa del Faraone.
Negli ultimi tempi Meritare era diventata assai esigente con se stessa. Per
conservarsi giovanile, si sottoponeva a vere torture con massaggi e creme. Le
sperimentava apposta per lei il suo profumiere e le garantivano una pelle
morbida e senza rughe. Gli splendidi recipienti per il trucco, decorati per lei da
artisti di corte con scene erotiche ed amorose, negli ultimi tempi andavano
continuamente aumentando di numero.
Iter mi spiegò che nostro padre aveva stretto alleanza col re ittita e mosso
guerra al popolo di Naharim, che molti chiamano anche Mitanni.
Come farà a dare figli e figlie al Faraone, mi domandavo osservando Subad: era lei stessa una bambina e il principe Amosis la superava in altezza di quasi mezzo palmo.
Subad mi passò vicino e mi guardò dal basso verso l'alto, rovesciandomi
addosso uno scroscio di altezzosità.
Subad non mi piacque. Nè io piacqui a lei!
(continua)

brano tratto da  "AGAR"  

Il libro é stato tradotto in lingua inglese AMERICA STAR BOOKS



chi fosse interessato potrebbe richiederlo, autografato, direttamente presso l'autrice:

mariapace2010@gmail.com






giovedì 12 febbraio 2015

Diventare Adulta






Venne a distrarmi il pensiero del banchetto che le donne stavano preparando per festeggiare l'avvenimento.
Stavo osservando le ancelle che adunavano sui tavoli gli ingredienti per i dolci rituali quando vennero ad avvertirmi che mi si doveva acconciare per il banchetto. Venne una piccola folla: Iter, Nefrure, Subad, Nefer, Maritammon e le altre, tutte giulivamente cicalanti e tutte con un dono per me.
Il primo impulso fu di fuggire, ma non c'era alcuna possibilità di sottrarsi  all'avvenimento e così mi concessi loro con rassegnazione e l'espressione di una prefica.
Oltre al prodigioso unguento messo a punto dal Profumiere reale, la regina Meritre mi aveva inviato un altro dono: Tanit e Carite, due ancelle con il compito di occuparsi della mia persona.
Si misero subito al lavoro.
Tanit aveva pressappoco la mia età. Forse più giovane di un anno o due.
Piccola e minuta, aveva un visetto dai lineamenti delicati e un sorriso radioso; l’espressione era assai dolce e nello sguardo brillava un pizzico di vivacità e di malizia. Troppo giovane per avere un incarico nella cura della toeletta della mia persona, le fu dato un ventaglio di piume di pavone affinché ci liberasse un po’ dalla calura ancora assai grande di quegli ultimi giorni d'estate.
Carite, che avevo già visto da lontano al Santuario Dinastico al servizio personale della regina Meritre, mostrò doti di gusto e raffinatezza sia nel drappeggio delle vesti lungo il corpo, che nella combinazione degli accessori.
Aiutò Merit a scegliere le lacche per le unghie dei piedi e delle mani, poi mi sistemò sulle spalle e lungo i fianchi, le pieghe del calasiris, leggero e trasparente, che mi fu fatto indossare sopra la tunica aderente.
In verità, nel sistemare le maniche della veste e nel lasciare le braccia e il collo scoperti per i gioielli, Carite suggerì di lasciare scoperto anche il seno.
“I tuoi seni, principessa Agar, sono ancora piccoli, ma di bella forma.” disse porgendomi una ciotola di latte e aggiunse:
“Bevi! I tuoi seni cresceranno turgidi e rigogliosi e saranno la gioia degli occhi che li guarderanno.”
Avvampai. Alle parole e all’idea che qualcuno potesse ancora violare l’intimità appena recuperata.
“Bevilo tu.- risposi in tono acido respingendo la ciotola con un gesto brusco della mano - Nessuno sguardo riuscirà mai più a penetrare sotto le mie vesti.”
Scoppiarono tutte a ridere.
“Oh! Qualcuno lo farà, mia piccola Dea.- rispose lei deponendo il latte su un tavolino dove c’erano tutti gli arnesi per il trucco - Qualcuno lo farà e non è escluso che la cosa possa piacerti.”
“Ah,ah,ah...” continuavano a ridere tutte.
“Smettetela! Smettetela di ridere e ghignare.- gridai esasperata alle donne e a
Carite dissi - Quanto a te, bevilo, il tuo latte e mettiti in mostra se la cosa ti piace tanto.”
“Oh! - fece lei con un sospiro - Io sono vecchia e le mie armi sono ormai spuntate e non riescono più a concupire un uomo.”
“Non sei più giovane - interloquì Tanit - ma sei ancora assai piacente, a mio avviso, Carite. Sono sicura che qualche vecchio e glorioso guerriero non disdegnerebbe, ah,ah,ah... di mettersi a riposo sul tuo seno ancora rigoglioso.”
“Le mie battaglie le ho combattute tutte, mia cara. Adesso tocca a te e alla principessa Agar. – Carite sospirò ancora - Presto verranno principi stranieri a chiederla in sposa.”
“Ecco perché - riprese Tanit - bisogna che la pelle della nostra principessa sia ben chiara e levigata.” e indicò le ginocchia sbucciate e i gomiti dalla pelle ruvida.
“Lasciate in pace la piccola.- inteloquì Merit venendomi in sostegno, ma anche lei sorrideva. - Avrà tempo per certe cose. Che si goda questa 




Qualcosa di buono in quella giornata, dovevo ammetterlo, c’era davvero: le attenzioni, i doni. Tanti doni: dolcetti, fiori, anelli e bracciali. Due, fra tutti, mi furono particolarmente graditi: la bambola, con cui Merit mi fece capire che per lei sarei rimasta per sempre la "sua bambina" e il prezioso Nodo di Hathor con cui la mia cara Nefrure mi augurava fortuna.
Come erano le donne adulte, continuavo a chiedermi.
Non conoscevo altre donne che quelle del gineceo, ma sapevo che tutte le altre, tessitrici, mugnaie o spigolatrici, nel lavoro non erano affatto seconde agli uomini e non lo erano neppure nella condizione sociale. Merit mi ripeteva sempre che per questa ragione potevamo ritenerci fortunate, noi donne egiziane, rispetto alle donne straniere. Quando al gineceo giungeva una straniera, questa si mostrava sempre sorpresa nel costatare come in Egitto una donna potesse difendersi davanti ad un giudice, ereditare beni o lasciarli in eredità, amministrare proprietà private o pubbliche ed altre cose ancora, esattamente come facevano gli uomini.
Intanto mi chiedevo quali fossero, per una donna adulta, le consuetudini da rispettare, i ruoli da ricoprire, i compiti da svolgere. Tutte le donne adulte che conoscevo non avevano che un pensiero: piacere ad un uomo, giacere con lui e dargli dei figli.
Perfino la Grande Consorte Reale.
Sposarsi! Era questo l'imperativo principale d’ogni ragazza. Sposarsi! Tutte le donne che conoscevo erano contente di sposarsi e non facevano che parlare di matrimonio, di uomini, di figli. Bastava ascoltare le conversazioni di Iter, Nefrure, Maritammon e perfino Nefer, la piccola Nefer. E delle ancelle, naturalmente. 

Da qualche tempo, però, mi chiedevo se anche per i maschi diventare adulti significasse qualcosa. Da quando, abbracciando Amosis, avevo  scoperto la sua diversità, un improvviso, insospettato interesse in quella direzione cominciava a crescere dentro di me. Il desiderio di scoprire, di saperne di più su quel mistero, faceva salire in me l'empito di una strana eccitazione anche se il solo pensiero, per un inconscio pudore, mi copriva il volto di rossore.
Forse sposarsi non era poi così terribile, ma di sicuro non era un negozio adatto a me. Io mi sentivo votata a qualcosa di mirabile. Io volevo sfuggire all'ordine precostituito delle cose e delle azioni.
Sapere, invece, di essere prigioniera delle consuetudini, sapere di essere destinata a qualche principe alleato straniero, mi faceva sentire come la scimmietta di Nefrure.
Forse, se fossi stata un maschio... I maschi avevano il potere, avevano la libertà. Con la scusa di farsi la guerra, andavano in giro per il mondo... ma, forse era solo il gran mal di pancia...
(continua)
Brano tratto da    "A G A R"      di  Maria PACE  

su  AMAZON
chi fosse interessato può richiederlo,  scontato ed autografato,   direttamente  a:
mariapace2010@gmail.com

il libro é stato tradotto in inglese da AMERICA STAR BOOKS


A G A R... La Ribelle




Agar nasce a Tebe, durante il regno di Thutmosis III, da una Sposa Secondaria del Sovrano. Cresce fra gli agi della corte e la reclusione del gineceo reale, mal sopportando il ruolo impostole dal destino e dalla tradizione maschile.
La sua storia personale si intreccia con le vicende di alcuni Faraoni, comeThutmosis III, suo figlio Amenopeth II, la Regina-Faraone Huthsepst.
Testarda e ribelle, raggiunge la maggiore età, evento che coincide sempre con un matrimonio combinato. Per Agar, però, lo sposo non è un uomo comune: il suo nome è Abramo e viene dalla terra di Ur dei Caldei.
La vita che l’aspetta è assai diversa da quella condotta a Tebe. Un lungo viaggio la porterà a Mambre , dove incontrerà nuove genti e intreccerà nuovi rapporti e dove conoscerà speranze e delusioni.
Alla fine, però, scoprirà il vero ruolo della sua vita.

AGAR - Introduzione






 Figura biblica femminile  fra le più controverse. Forse la più controversa.  Perfino nel significato del nome: amarezza, straniera, fuggitiva, nell'interpretazione egizia, ebraica o araba.
Sempre tracciata da mano maschile, mai femminile.
Eppure oggi questa figura, come disse in un'intervista la scrittrice pakistana  Thamina Durrani (autrice del libro Schiava di mio marito), è stata scelta come simbolo islamico per rappresentare l'impegno delle donne musulmane di uscire da una condizione di dipendenza ed immobilismo .
Ma non solamente delle donne   musulmane.
Agar è una donna che, rispetto ai costumi del tempo, si pone in una posizione critica mettendo in  discussione privilegi (maschili e femminili) ed offrendo spunto per riflettere sulla condizione femminile.
Ma chi é il personaggio Agar?
La tradizione ce la consegna quale schiava di Sarai, Sposa Primaria di Abramo, capo del popolo degli Ibrihim (figli di Abramo) rifugiati in Egitto durante una carestia.


Secondo il racconto biblico  durante la sua permanenza in Egitto Abramo  acquistò servi serve e qualcuno ipotizza che Agar fosse tra  queste.
La prima domanda che viene spontanea é: poteva una persona appartenente al popolo dominante essere schiava di una persona appartenente al popolo ospite e dominato?
Fra le tante leggende sorte intorno a questa figura (di cui non esistono tracce né prima né dopo questi fatti) una la vuole figlia del Faraone che si era invaghito di Sarai. La ragazza si sarebbe talmente affezionata a quella donna dai gusti raffinati (Sarai era di origine mitanne: una babilonese) assai diversa dalle donne egiziane, da averla voluto seguire quando Abramo lasciò l'Egitto... come andò a finire lo vedremo presto!

Agar: schiava o sposa?
Sposa, sorella, serva...  (solo madre, con ben altra funzione) erano termini che si attribuivano indipendentemente alla donna.
Nella cultura ebraica Agar é soltanto la schiava di Sarai, per quella islamica, invece, é la Sposa Secondaria del Patriarca.
Nella Genesi  Sarai dice al marito - verso 16:2
"Ecco, il Signore mi ha fatta sterile, ti prego vai dalla mia serva: forse avrò un figlio da lei."
La consuetudine glielo consentiva: in caso di sterilità il figlio nato dalla schiava, partorito sulle sue ginocchia come dal proprio grembo, le apparteneva. Era suo figlio!



(Sara cede Agar ad Abramo)

Oggi un simile costume è considerato una violenza inaccettabile.  Per entrambe le donne: per il dolore e la mortificazione di Sara e per l'oltraggio su Agar.
La donna sterile all'epoca era  considerata una sciagura per la famiglia e Sarai era sterile.

Sarai non può adempiere alla promessa di Dio di fare di Abramo "Il Padre di una grande Nazione":  la sua sterilità compromette il Disegno Divino, che è il tema dominante di tutto il racconto.  Ed é proprio Sarai ad intervenire.
Abramo resta nell'ombra.  Egli "ascolta la voce di Sarai" quasi fosse un personaggio secondario del dramma.
Ma le due donne non sono alleate e quell'atto genera conflitti e rivalità. Ogni diritto viene calpestato: Agar diventa un oggetto, uno strumento da usare.
Anche i termini  "prendere"   "dare" ... utilizzati  quando si parla di  lei, sarebbero per una donna dei giorni nostri, oltremodo offensivi.

Agar, riporta la tradizione biblica, si insuperbisce e si carica di arroganza quando resta incinta e Sarai si lagna con Abramo il quale, ancora una volta:
"E' la tua schiava ed é in tuo potere, fanne che cosa vuoi."  dice,  rientrando nuovamente fra le quinte e lasciando la scena del dramma alle due donne.
"Sarai la maltrattò tanto che quella se ne andò."  riporta testualmente la scrittura.
Sara é forte, ma Agar é ribelle. Scappa, ma poi ritorna; si umilia e restituisce il prestigio all'altra.




(Agar si umilia davanti a Sara)

"Quanta sofferenza, quanta angoscia e desolazione ha causato Agar con la sua complicità nell'intento di dare un erede ad Abramo"  - Genesi  15 -4:5.
Quasi una anticipazione alla tribolazione che verrà: quella rivalità di Popoli che ha attraversato i secoli ed ha raggiunto i nostri giorni.  Rivalità di Popoli che ha avuto origine proprio dalla rivalità di quelle due donne: Sarai, gelosa e prepotente e  Agar, intollerante e ribelle.
La rottura finale giunge, però, con la rivalità dei figli: Ismaele, il figlio di Agar  e Isacco, il  figlio   di Sarai e  ancora una volta Abramo ascolta Sarai, che adesso é diventata Sara, cioé Signora-Regina:
"Scaccia quella schiava e suo figlio perché il figlio di quella schiava non sia erede con mio figlio."
Abramo scaccia Agar e Ismaele.



(il ripudio di Agar)


L'analisi finale del racconto può sembrare addirittura un gesto spietato e immorale: scacciare un figlio e votarlo a  morte quasi sicura.
"Abramo le dà del pane e un otre d'acqua."  -  Genesi  21 8:4
Ai nostri poveri occhi ciechi non pare vi sia della morale in questo gesto: un otre e del pane per affrontare da soli il deserto?




In realtà, per il credente, il disegno divino non si conclude con la  cacciata di Agar.  Agar e Ismaele non periranno nel deserto: in loro soccorso arriverà l'Angelo il cui intervento condurrà all'adempimento delle Promesse  Divine:
"Io farò diventare una grande nazione anche il figlio della tua schiava che é tua prole"
la stessa Promessa fatta per Isacco:
"Farò di lui il Padre di una grande nazione."

Ma qui un'altra domanda é d'obbligo: Chi... o Cosa é l'Angelo?
Chi ha soccorso veramente Agar e Ismaele? La Provvidenza Divina... Certo!
Lo dice la tradizione biblica, lo conferma quella islamica attraverso alcuni riti del pellegrinaggio alla Mecca, la corsa attraverso le collinette di Safat e Marwa,  che rievocano l'affannosa corsa di Agar alla ricerca di acqua per dissetare il figlio: Agar é forte. Agar é coraggiosa. Agar non si arrende.  Agar ha sempre dovuto conquistarsi ogni cosa.
Agar e Ismaele non sono più tornati alle querce di Mambre, ma sono rimasti nel deserto del Paron.   Nessuna notizia, nessun cenno su quel ritorno, solo che "sua madre gli (a Ismaele) prese una moglie del paese d'Egitto."
Questo potrebbe far supporre che siano tornati in Egitto o rimasti in terra di Sinai,  il cui territorio di frontiera era disseminato di avamposti militari egiziani...  questo, però,  conduce inevitabilmente ad altre supposizioni.

PER CHI VOLESSE APPROFONDIRE:

"A G A R" di Maria PACE   versione in lingua italiana su AMAZON



Il libro é stato tradotto in lingua inglese e lanciato sul mercato di
STATI UNITI  - CANADA  -  GRAN BRETAGNA

da AMERICA STAR BOOKS

il libro si può richiedere anche presso l'Autrice  SCONTATO  ed  AUTOGRAFATO

A G A R - SCHIAVA oppure SPOSA'








       
A G A R   =  SCHIAVA  o  SPOSA?



Agar è la figura più controversa della Bibbia.
La tradizione ce la propone come schiava di Sara, la Sposa Primaria del patriarca Abramo, fondatore del popolo degli Ibrihim (figli di Abramo), ossia degli Ebrei, rifugiati in territorio egizio.
Sara, però, poteva avere come schiava l’egiziana Agar, una donna del popolo dominante?
Chi era, dunque, veramente Agar?
Sposa, sorella, serva,  (ad eccezione di Madre, con ben altra funzione) erano termini che, all’epoca, si attribuivano alla donna, indipendentemente.  Anche in Egitto, la Sposa era spesso chiamata: “Sorella del mio cuore”.
E allora: Agar, sposa o schiava?
E’ possibile  sciogliere l’enigma, attraverso le pagine di un libro che narra le vicende di questa straordinaria donna: "A G A R"


PRIMA FEMMINISTA  nella STORIA

Questa figura femminile biblica, che si pone in una posizione di critica nei confronti delle consuetudini del suo tempo, potrebbe essere scelta anche oggi quale simbolo per quelle donne che vogliono uscire da una condizione di dipendenza ed immobilismo.





ISRAELITI ed ISMAELITI

Ismaeliti ed Israeliti: sono i discendenti di Ismaele ed Isacco, i figli di Abramo, il grande  Patriarca, fondatore delle tre moderne Religioni monoteiste.
AGAR, di origine egiziana, era la madre di Ismaele e SARA, di origine babilonese, era la madre di Isacco. Chi volesse conoscere le origini storiche del popolo israelita e le loro credenze, gli usi e i costumi,   (attinti alla cultura egizia ed a quella babilonese) può trovare esaurienti risposte nel libro di Maria PACE:           “A G A R”


lo si può richiedere  scontato ed autografato  direttamente all'autrice

mariapace2010@g.mail.com


NOTA dell'autrice:  questo libro é stato tradotto in lingua inglese e sarà presto lanciato sul mercato statunitense... prossimamente: febbraio o marzo 2015

A G A R

A G A R
Versione in lingua : inglese, francese, spagnolo - AMERICA STAR BOOKS

AGAR

AGAR
VERSIONE in LINGUA ITALIANA - su AMAZON